27/02/2023 | Partner: Département de la Savoie

Viaggio a Chamonix

Il nostro viaggio parte dal ponte Saint Martin di Sallanches, luogo iconico rappresentato in tutte le sue possibili prospettive dalle stampe ottocentesche, quindi risale il corso del fiume Arve, lungo la riva destra, per raggiungere, dopo Passy, l’ampia pianura che un tempo, prima dei Romani, si narra, fosse occupata dalla città di Dionisia.

Insediamento travolto in un tempo dal cedimento degli argini del lago di Servoz e successivamente colmato da una frana nella località di Chedde, che ha dato origine alla stupenda cascata chiamata ‘Cascade du Coeur’, perché le sue acque precipitano disegnando un cuore.

Da Chedde saliamo faticosamente a Chatelard, chiusa naturale di quell’antico lago glaciale che occupava la piana di Servoz. Prima sorpresa: ci imbattiamo in antiche fortificazioni innalzate dai Nantuati, popolazione locale, contro i Ceutrones, risalenti ad un periodo pre-romano.

Servoz era e resta un sogno: alla nostra destra, improvvisamente, il Monte Bianco si innalza in tutta la sua bellezza sullo sfondo dei resti del castello di Saint Michiel, mentre alla nostra sinistra si scorgono le Gorges du Diosaz, gli orridi più imponenti di Europa.

Il viandante che faticosamente era giunto fin quassù – stupende le descrizioni di viaggio di Alexandre Dumas e di Horace-Benedicte De Saussure – iniziava ora il tratto più pericoloso, che le carrozze non potevano affrontare: la Montà Pellissier. Di qui attraverso una lunga salita nell’armonia e nell’incanto di un bosco dall’atmosfera fiabesca, si attraversa Vaudagne raggiungendo la Testa Nera. Spira ancora qui intatto il fascino della leggenda che voleva che da una spaccatura della roccia il Diavolo allettasse e rapisse le vergine facendo loro apparire una stanza piena d’oro. Fascino di una leggenda che non è per nulla turbato dalla presenza in loco di una lapide romana del I secolo DC identificante i confini tra le varie giurisdizioni.

La discesa a Les Houches, sempre immersa nel verde del bosco e illuminata dai riverberi del ghiacciaio, resta fuori dal tempo. Les Houches, nome derivante dal termine ‘olca’ con cui i Celti designavano il tratto di terreno coltivato intorno alla casa, è certamente il più antico degli insediamenti della valle, attesa la situazione di acquitrini e di residuati morenici che un tempo occupavano la piana di Chamonix.

Questo percorso divenne carrozzabile solo nel 1818, ma solo con la cessione alla Francia della Haute Savie e per intervento personale di Napoleone III, assunse la dignità di vera strada (1867).

Per la cronaca i tempi di un viaggio in carrozza da Ginevra a Chamonix nel 1850 erano di ben 11 ore per una distanza di soli 90 km.

Abbiamo così raggiunto Chamonix, la cui origine probabile è del 1119 se consideriamo che a tale data risalgono le fondamenta della chiesa, un tempo Abbazia benedettina. Ma solo al 1236 possiamo far risalire con certezza la denominazione attuale. Con certezza perché risulta da un documento di cessione del territorio dal Conte di Faucigny all’Abbazia benedettina di Saint Michel de Cluses.

Quale sia il significato del nome Chamonix è abbastanza discusso, per quanto appaia la più credibile quello di ‘campo cintato’ o di ‘campo del mulino’.

Il territorio aveva nel Medioevo una proprio autonomia amministrativa e giuridica anche se i pieni poteri spettavano all’Abbazzia di Sallanches. Al 1770 risale la costruzione del primo albergo, quello di Madame Souterraud, ma già nel 1850 gli alberghi erano diventati nove e i frequentatori di Chamonix ammontavano a ben 5.000 presenze nella sola stagione estiva.

La valle di Chamonix è lunga 20 km e il primo villaggio che incontriamo dopo Chamonix è Praz, villaggio caratteristicamente disteso lungo la via. Subito dopo, al di là dell’Arve, si trova il bel centro di Bois, un tempo fertile e amena prateria finché i ghiacci della Mer des Glaces non la sommersero. Tragedia così immane da indurre nell’anno 1690 il Vescovo di Ginevra a salire fin quassù per invocare, con riti e preghiere, l’arresto del fiume di ghiacci in piena. Racconta la leggenda che le sue preghiere furono ascoltate e che i ghiacci si ritirarono di ben mezza lega.

Ci piace raccontare che dal ghiacciaio ebbe origine il torrente Arveyron – la sorgente nella grotta di ghiaccio è riprodotta da numerose stampe dell’altro secolo – ed è qui, nella ‘Prairie’ che giocavano le fate, messe poi purtroppo in fuga dalla discesa dei ghiacci. Si rifugiarono nelle rocce incantate di Magland (Cluses), abbandonando il loro tesoro e i loro monili. Ecco perché ancora oggi nelle acque del torrente Arveyron si rinvengono pagliuzze dorate.

Ora eccoci a Les Tines che trae il proprio nome dal latino ‘tina’=conca.

Un tempo, si narra, esisteva qui una chiesetta che venne svuotata da quattro ladri iconoclasti che vennero trovati congelati, con tutto il bottino, i giorni successivi al Colle del Gran San Bernardo.

Rapida salita sui fianchi di una grossa frana morenica per giungere al magico luogo che risponde al nome di Lavancher, villaggio ricostruito dopo un’immane valanga che nel 1818 scese dall’Aiguille Vert.

La piana successiva, fino a Argentière, è stata fino a tempi storici un grande lago. Argentière, un tempo al limite del ghiacciaio, possiede una bella chiesa Barocca del 1726 il cui altare, di ispirazione spagnola, fu faticosamente portato dall’Italia (dove era stato costruito) attraverso il Colle del Gran San Bernardo e il Col de Balme.

Saliti al Col de Montets, riserva naturale integrale, entriamo nella Vallorcine, o Valle Ursina, o Valle dell’Orso, la cui popolazione di origine tedesca, proviene da Leuk, nel Vallese (XII sec.)

Qui troviamo l’unica chiesa parrocchiale che abbia intorno a sé un’enorme muraglia a difesa delle valanghe. Termina al Barrage d’Emosson il nostro itinerario, a 2.000 metri d’altezza. La diga non interessa tanto per la sua mole (180 metri di altezza), quanto per aver sepolto uno splendido alpeggio per la cui proprietà si combatté nel 1323 una cruenta battaglia tra il Conte di Faucigny e gli abati di Saint Maurice d’Augane, con ben 120 morti.

Lassù ancora oggi una piccola cappella, dalla quale lo sguardo spazia dal Cervino al Monte Bianco, ne ricorda la fine.

Se poi si vuole sognare di un passato ancora più lontano, si sale ulteriormente a ritrovare, sopra le Vieux Lac d’Emosson, le orme dei dinosauri impresse su quelle che furono le spiagge del Mare di Tetide.

Tra storia, racconti e leggende, tra queste montagne l’incantesimo esiste davvero!

Partner: Département de la Savoie

Sito di riferimento: